Review Party: Voce del Mare

Il 24 Maggio esce Voce del Mare, primo libro di una nuova dilogia dalla forte cultura africana e con il vivace folklore di una terra non spesso protagonista nelle nostre letture.

Voce del Mare è ambientato intorno alla metà del XV secolo, quando i portoghesi iniziarono a rapire e poi a comprare gli africani occidentali per deportarli in Europa e nelle isole colonizzate. La protagonista è una delle Sette Mami Wata che raccolgono le anime dei morti in mare, create dalla divinità Yemoja a questo scopo. Simidele, la più giovane delle Mami Wata, un giorno sta per raccogliere in mare l’anima di un ragazzo, ma si accorge che è ancora vivo. Spaventata e confusa, lo porta fino all’isola di Yemoja e insieme intraprendono un viaggio per arrivare al villaggio del ragazzo.

Mitologia Africana

Al di là della trama che è vagamente ispirata alla sirenetta di Anderson, quello che mi ha veramente affascinata è la mitologia africana: il sistema spirituale ifà, i folletti senegalesi, la versione africana degli unicorni. E ancora le bultungin mutaforma dell’Impero Kanem-Bornu e il mostro acquatico Ninki Nanka e ancora il folto pantheon. Non siamo abituati a vedere protagonista di un libro fantasy questa cultura ed è stato un cambiamento piacevolissimo.

Voce del Mare di Natasha Bowen

lo schiavismo

Per il secolo in cui è ambientato, Voce del Mare tratta un argomento tristissimo e preminente. Quello della tratta degli schiavo. Eppure il romanzo non è sommerso, è un elemento che convive con la storia senza prenderne il sopravento. C’è una certa delicatezza nel riuscire in questa impresa.

Storia e personaggi

Come accennato, Voce del mare ha qualche vibes alla sirenetta, ma la trama è abbastanza semplice. Salvato il ragazzo dal mare, un principe, compito di Simidele è riportarlo a casa, perché lui può aiutarla a trovare una guida spirituale che le permetta di chiedere perdono al Creatore per aver interferito nelle faccende umane. Ora, le avventure di questi ragazzi sono chiare, ma ho avuto l’impressione che ci si concentrasse più sul viaggio, sullo “spostarsi” che sulla effettiva trama. Altra problematica che ho riscontrato è stata la bidimensionalità dei personaggi. Ricoprono dei ruoli e come tali non sono stati dotati di personalità propria. Penso sia dovuto all’inesperienza dell’autrice, un peccato però.

In definitiva è un libro che mi ha dato molto a livello di conoscenza e sono curiosa di leggere come si evolverà la storia e di scoprire nuove nozione sulla mitologia africana. Spero solo che si dia un leggero spessore ai personaggi, ne hanno bisogno.